Il concordato

Mentre sulla questione dei rapporti fra il Vaticano e l'Italia, l'Assemblea costituente della repubblica dovrebbe dichiararsi pronta a negoziare un trattato bilaterale di buon vicinato fra la Città Vaticana e l'Italia, sul problema delle relazioni fra Stato e Chiesa, l'Assemblea costituente, se la maggioranza di essa appartenesse ai gruppi democratici, non avrebbe da dire che una sola parola: «separazione». In conseguenza, il concordato del 1929 sarebbe annullato dalla prima all'ultima parola, senza negoziati di nessun genere. Un concordato fra il Vaticano e un governo secolare, quale che ne sia il contenuto, implica sempre nel papa il diritto, riconosciutogli per trattato bilaterale, di intervenire nei rapporti fra il governo concordatario e i suoi cittadini di fede cattolica. Questi acquistano il privilegio legale di essere rappresentati e protetti dal papa nei loro rapporti con altri cittadini, e sono assoggettati legalmente al dovere di obbedire non solo al governo secolare del loro paese ma anche al papa. Gli altri cittadini sono esclusi da quel privilegio e dal quel dovere. Una democrazia che abolisce l'eguaglianza di diritti e di doveri fra i cittadini e riconosce giuridicamente a una parte di essi il dovere di obbedire a una autorità estranea e il privilegio di essere rappresentati e protetti da una autorità estranea, non è più democrazia. I cattolici italiani obbediscono, se vogliono, alla volontà del papa, così come i soci della Terza Internazionale eseguiscono puntualmente gli ordini del Comintern. Questo è affare loro. Ma i comunisti non possono pretendere di essere legalmente rappresentati e protetti in Italia da Stalin in forza di un concordato col governo italiano. Neanche i cattolici italiani hanno il diritto di domandare che le relazioni fra Stato e Chiesa siano regolate da un concordato. I cattolici italiani facciano valere le loro ragioni in regime di libera concorrenza, attraverso quei diritti di libertà che il regime democratico garantirà ad essi come a tutti i cittadini. Ma non pretendano di inserire, fra se stessi e il resto della cittadinanza italiana, il papa. Non c'è stato mai concordato in Belgio, anche quando i cattolici erano al potere. Non c'è concordato in Inghilterra. Non c'è concordato negli Stati Uniti. Non c'è concordato in Francia. I candidati cattolici italiani, partecipando alle elezioni nel 1904, 1909, 1913, non domandarono mai che le relazioni fra Stato e Chiesa fossero regolate da un concordato. Il partito popolare italiano, né nelle elezioni del 1919, né in quelle del 1921, né nella Camera italiana dal 1919 al 1922, mise mai avanti l'idea di un concordato. Don Sturzo non fu mai concordatario. I democratici italiani saranno in buona compagnia quando invocheranno l'esempio di don Sturzo e del partito popolare, oltre che quello del Belgio, dell'Inghilterra e degli Stati Uniti. Se i cattolici conquistassero la maggioranza nella Costituente, essi farebbero certamente un nuovo concordato, aggiungendo altre concessioni a quelle del 1929. Ma i gruppi democratici non potrebbero abbandonare mai il principio della separazione. Niente concordati, niente modus vivendi col Vaticano. Transazioni amichevoli coi loro concittadini cattolici nell'interesse della patria comune, sì, quando i cattolici abbiano accettato il principio della separazione. Ma niente accordi giuridici bilaterali col Vaticano nelle materie delle relazioni fra Stato e Chiesa in Italia. Su questo punto nessun compromesso è possibile fra democratici anticoncordatari e cattolici concordatari. O di qua o di là.

 

Separazione

Caduto il concordato, non cadrebbero senz'altro tutte le istituzioni che sorsero in Italia per effetto del concordato. Quelle istituzioni furono create da leggi del governo secolare e appartengono al diritto interno italiano. Il concordato cadrebbe nel nulla, ma ciascuna di quelle leggi statutarie rimarrebbe in vigore finché non fosse esplicitamente abolita o riformata. Il governo della repubblica non dovrebbe fare sempre il contrario di quel che era stato statuito nel concordato del 1929, semplicemente per fare dispetto ai preti – secondo il metodo anticlericale podrecchiano. Per esempio, nella dannata ipotesi che scoppiasse un'altra guerra, il governo dovrebbe provvedere all'assistenza religiosa per i soldati che la desiderassero. Questo domanderebbero i cittadini cattolici e questo il governo concederebbe. Così fece nella guerra del 1915-1918. Così dovrebbe fare sempre. Ma questo non sarebbe un obbligo assunto dal governo per effetto di un concordato col papa. Sarebbe un obbligo implicito nella nozione di libertà. D'altra parte questa nozione di libertà e la separazione dello Stato dalla Chiesa creano la necessità di parecchie riforme nella legislazione ecclesiastica. Sotto un regime di separazione il diritto di organizzazione e di propaganda religiosa è riconosciuto a tutte le confessioni religiose senza privilegio per nessuna. Il governo tratta le associazioni religiose come tutte le altre, commerciali, industriali, bancarie, operaie, sportive, educative, cooperative, ecc. Le associazioni religiose vivono come meglio sanno e possono in un regime di libera concorrenza. Nessuna lotta religiosa. Nessuna persecuzione. Nessun atto di violenza materiale o anche morale. Ma nessun privilegio per nessuno. Ognuno se ne va al paradiso o all'inferno per la strada che più gli conviene. Chi ha miglior filo tesse miglior tela. Quindi nessuna ingerenza negli affari della Chiesa. Niente giuramenti di fedeltà imposti ai vescovi. Niente intese preliminari nelle nomine dei vescovi e dei parroci.

 

Proprietà ecclesiastica

Naturalmente, nel passare dal presente regime concordatario a quello di separazione, sarà necessario risolvere il proble ma della proprietà ecclesiastica. Questo problema passò dagli antichi regimi preunitari al regime libero dell'Italia politicamente unita, e dal regime libero al regime fascista. Bisognerà liquidare una buona volta questa annosa eredità. Il clero in Italia ha tre sorgenti di reddito, oltre le offerte libere dei fedeli: 1) sussidi governativi; 2) interessi del debito pubblico intestati ai vescovi e ai capitoli; 3) beni parrocchiali. I sussidi governativi dovrebbero essere aboliti senz'altro. Chi sente il bisogno del culto, se lo paghi da sé. Le proprietà vescovili, capitolari e parrocchiali dovrebbero essere lasciate ai loro utenti, salvo il loro dovere di pagare le tasse come tutte le altre associazioni private, e salvo i provvedimenti legislativi che in regime democratico possono mettere limiti agli abusi della proprietà privata o magari abolirla del tutto in regime socialista. Oltre al clero secolare, cioè ai vescovi e al clero da essi dipendente, vi è il clero regolare, cioè quello organizzato nelle congregazioni religiose. Queste hanno ottenuto dal governo fascista molti favori che debbono essere senz'altro revocati. Esse dovrebbero essere soggette alle stesse leggi di ogni altra associazione privata. A somiglianza delle altre associazioni private, potrebbero domandare o non domandare il riconoscimento giuridico col conseguente diritto di possedere. A somiglianza delle altre associazioni private, sarebbero soggette alle leggi con cui una democrazia non può non limitare quegli eccessi di ricchezza individuale o corporativa, che possano rappresentare una minaccia per il resto della comunità.