Il paradosso del cardinale
Il cardinale Martino, con una scompostezza diplomatica di tutto clamore, dà il nulla osta allo Stato Italiano ad istituire, nelle scuole della Repubblica, l’insegnamento coranico, là dove ci siano almeno 100 alunni islamici.
I giornalisti il clamore lo hanno fatto, esterrefatti sulla proposta coranica che viene proprio dal Vaticano.
Non si rendono conto tanti tuttologi della carta stampata, che il Vaticano sta percorrendo la strada del paradosso per non fare marcia indietro sull’occupazione dell’ora di religione nel curricolo scolastico degli Italiani.
In Italia la Chiesa cattolica è così ben organizzata che, senza fatica, potrebbe istituire nelle parrocchie quella istruzione religiosa che pretende (e, purtroppo, ottiene) dallo Stato.
In una società multiculturale, come sempre più diviene quella italiana, quale aggravio economico e burocratico si dovrebbe abbattere sulle strutture amministrative della Repubblica se, per ogni religione, si dovessero riconoscere quei privilegi economici e burocratici previsti per chi deve insegnare religione cattolica?
Il paradosso che ora cavalca il Vaticano era stato segnalato da gran tempo dai cosiddetti laici.
La religione, qualunque religione, non deve far parte del curricolo scolastico degli Italiani.
In esso sono autonomamente previsti ampi riferimenti religiosi nella Storia, nella Filosofia, nella Letteratura, nell’Arte e quant’altro.
“Date a Cesare quel che è di Cesare” diceva Gesù “senza rubargli la credibilità per un superfluo privilegio, specie in Italia, di un’ora di religione e di una più facile immissione nei ruoli degli insegnanti cattolici per via della benedizione dei vescovi”, aggiungiamo noi.
Lo Stato è neutro di fronte al fatto religioso che è individuale, culturale e morale.
Proprio per questo, anche se è una iniziativa non popolare, occorre battersi, non per l’apertura all’Islam della scuola italiana, ma per convincere Governo e Cattolici a fare insegnare religione cattolica nelle parrocchie.
Elio Notarbartolo